Nel Quattrocento è attestata la presenza in Pavia di una Confraternita dei Disciplini o dei Flagellanti, che si riuniva con lo scopo principale della preghiera per l’espiazione dei peccati. Essa aveva sede presso la fatiscente chiesa di San Luca, presso la quale i confratelli aveva aperto un piccolo orfanatrofio.
Nel corso del XVI secolo le attività della Confraternita si caratterizzarono maggiormente in senso caritativo e liturgico, tanto che tale evoluzione fu sancita nel 1579 con l’aggregazione all’Arciconfraternita della SS. Trinità dei Pellegrini e dei Convalescenti, fondata a Roma trent’anni prima da san Filippo Neri.
La Confraternita, allora, si sviluppò enormemente specializzandosi nell’accoglienza dei pellegrini, che giungevano in città diretti a Roma o alla Terrasanta. In questo periodo venne deciso di dotare una sede più dignitosa alla Confraternita, perciò fu avviata la costruzione dell’attuale chiesa di San Luca.
L’affresco della controfacciata (sopra) mostra alcuni confratelli con il saio rosso, che indicano ai pellegrini l’edificio del ricovero, capace di cinquanta letti.
Gli stessi confratelli potevano diventare pellegrini: il viaggio più famoso fu compiuto nel 1750, quando trentotto confratelli si recarono a Roma per il Giubileo.
L’estrazione sociale dei confratelli era molto varia: accanto ad artigiani e commercianti si trovavano esponenti delle famiglie nobili pavesi – Beccaria, Mezzabarba, Botta Adorno, Giorgi di Vistarino – oltre a numerosi professori universitari.
La gerarchia interna alla confraternita era definita da incarichi precisi: ogni anno si eleggevano i confratelli a cui erano affidati compiti liturgici (coristi, deputati all’adorazione del SS. Sacramento, assistenti per il Salve Regina del sabato) o caritativi (ospedalieri, infermieri).
Nel corso del XIX secolo la Confraternita conobbe una lenta e inesorabile decadenza a causa del mutamento della sensibilità religiosa – infatti la catechesi e la liturgia erano ormai gestite dalle parrocchie – e dalla diminuzione del flusso dei pellegrini, che aveva provocato la chiusura dell’ospizio fin dalla fine del Settecento.